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maomer
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Messaggioda maomer » 10/09/2007, 23:50


Franc3sca
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Messaggioda Franc3sca » 11/09/2007, 10:44


Anthony
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Messaggioda Anthony » 11/09/2007, 12:39

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fagiu
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Messaggioda fagiu » 11/09/2007, 12:41


Anthony
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Messaggioda Anthony » 11/09/2007, 12:46

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Berserker
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Messaggioda Berserker » 05/10/2007, 0:31

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Dopo essere stato scarsamente considerato durante la sua vita, l'americano H.P.Lovecraft (1890-1937) ha acquisito negli ultimi decenni una grande popolarità, anzi un vero e proprio culto, (pensiamo solo a quanta ispirazione ha fornito nel cinema, nella musica rock, nell'arte).
Diciamo subito che nessuna delle sue opere (quasi tutti racconti) può essere considerata un capolavoro, ma ciò non toglie che meriti tutti questi allori postumi per la grande originalità e suggestione di quello che ha scritto, infatti è generalmente considerato l'inventore dell'horror soprannaturale (benchè in realtà fosse la persona più razionale ed estranea all'esoterismo che ci si possa immaginare)
Personalmente ricordo in particolare "L'orrore di Dunwich", "Dagon", "Alla ricerca dello sconosciuto Kadath", ma ce ne sono molti altri notevoli, tutti i racconti sono in qualche modo legati a creare uno scenario omogeneo in cui l'orrore ed i mostri sono qualcosa di misterioso e incomprensibile all'uomo, provenienti dallo spazio o da altre dimensioni ma presenti intorno a noi.
Da segnalare, sempre che vi piaccia questo artista, la raccolta di opere di H.R.Giger "Necronomicon", ispirata a Lovecraft
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fagiu
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Messaggioda fagiu » 05/10/2007, 17:48

Incuriosito dall'influenza di H.P. Lovecraft sulla letteratura fantastica e l'immaginario anglosassoni, mi sono letto tutti i suoi racconti, inclusi quelli di altri autori che lui ha soltanto revisionato, aggiungendoci una spruzzata della sua mitologia orrorifica popolata di Dei/mostri sconosciuti e sempre in procinto di scatenarsi sulla Terra. Per me è sempre rimasto un grande dilettante della narrativa, con uno stile mai all'altezza delle sue visioni di terrore cosmico. I migliori sono forse "The Call of Chtulhu" (non è solo un pezzo strumentale dei Metallica), "The Case of Charles Dexter Ward", "The Colour out of Space", il già citato "The Dunwich Horror", "The Whisperer in Darkness", "The Shadow over Innsmouth". Mi ha divertito anche un racconto giovanile, "The Temple", in cui il protagonista è il capitano di un sommergibile tedesco della I guerra mondiale, un prussiano talmente fanatico, nazionalista e razzista da disprezzare i suoi stessi commilitoni provenienti da altre regioni, con frasi tipo: "Il nostromo Muller avrebbe avuto tutte le rotelle a posto, se non fosse stato un vile alsaziano" o "Klenze era tedesco, è vero, ma un borghese qualunque e un volgare renano"

per chi volesse approfondire:


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stan
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Messaggioda stan » 10/10/2007, 1:23

ridiamo vita a sto topic, và

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Questo ve lo consiglio decisamente, Roth è ebreo, ed è superfluo dire che la maggior parte degli scrittori ebrei scrive da Dio. Veramente un bel romanzo
"Avvertivo gli occhi prendere contatto con le parole stampate sulle pagine, senza che tuttavia da esse si levasse più nessun significato. Quei segni neri apparivano del tutto fuorvianti, un'arbitraria congerie di linee e curve che non trasmetteva null'altro se non il proprio mutismo."

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Messaggioda fruttosiopuro » 10/10/2007, 11:09

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Messaggioda fagiu » 10/10/2007, 12:04


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Messaggioda fagiu » 06/11/2007, 23:51

Grande, nick. :approved: So che questo ti piacerà

Vladimir Majakovskij, "La nuvola in calzoni"

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=Ccs7OG03N3w[/youtube]

Però, solo perché qualche professore incapace ce l'ha fatto odiare a scuola, non spariamo sul Gobbo. Piaccia o no, Giacomino è qualcosa di assoluto, da rileggere lontano dalle aule. Tetro come la morte, sì, ma senza piagnucolare come tanti altri poeti (non si è nemmeno suicidato, a differenza di Vlad). Quanti scrittori si sono espressi con tale spietata, lapidaria lucidità e furore nichilista?

A SE STESSO


"Or poserai per sempre,

Stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,

Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,

In noi di cari inganni,

Non che la speme, il desiderio è spento.

Posa per sempre. Assai

Palpitasti. Non val cosa nessuna

I moti tuoi, né di sospiri è degna

La terra. Amaro e noia

La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.

T'acqueta omai. Dispera

L'ultima volta. Al gener nostro il fato

Non donò che il morire. Omai disprezza

Te, la natura, il brutto

Poter che, ascoso, a comun danno impera,

E l'infinita vanità del tutto"


Vogliamo parlare di questo abbozzo straordinario, saltato in tutti i programmi scolastici?

AD ARIMANE

"Re delle cose, autor del mondo, arcana

malvagità, sommo potere e somma

intelligenza, eterno

dator de' mali e reggitor del moto,

io non so se questo ti faccia felice, ma mira e godi... contemplando eternam

produzione e distruzione... per uccider partorisce... sistema del mondo, tutto patiem Natura

è come un bambino che disfa subito il fatto. Vecchiezza. Noia o passioni piene di dolore e di disperazioni: amore

I selvaggi e le tribù primitive, sotto diverse forme, non riconoscono che te. Ma i popoli civili... te

con diversi nomi il volgo appella Fato, natura e Dio. Ma tu sei Arimane, tu quello che....

E il mondo civile ti invoca.

Taccio le tempeste, le pesti ... tuoi doni, che altro non sai donare. Tu dai gli ardori e i ghiacci.

E il mondo delira cercando nuovi ordini e leggi e spera perfezione. Ma l'opra tua rimane immutabile, perché per natura dell'uomo sempre regneranno l'ardimento e inganno, e la sincerità e la modestia resteranno indietro, e la fortuna sarà nemica al valore, e il merito non sarà buono a farsi largo, e il giusto e il debole sarà oppresso...

Vivi, Arimane e trionfi, e sempre trionferai .

Animali destinati in cibo. Serpente Boa . Nume pietoso...

Perché Dio del male, hai tu posto nella vita qualche apparenza di piacere? l'amore?…per travagliarci col desiderio, col confronto degli altri, e del tempo nostro passato...?

Io non so se tu ami le lodi o le bestemmie... Tua lode sarà il pianto, testimonio del nostro patire.

Pianto da me per certo Tu non avrai: ben mille volte dal mio labbro il tuo nome maledetto sarà...

Ma io non mi rassegnerò...

Se mai grazia fu chiesta ad Arimane ... concedimi che io non passi il 7° lustro. Io sono stato, vivendo, il tuo maggior predicatore... l'apostolo della tua religione. Ricompensami. Non ti chiedo nessuno di quelli che il mondo chiama beni: ti chiedo quello che nel mondo è creduto il massimo de' mali, la morte. Non posso, non posso più della vita"

(nel testo originale, al posto dei puntini, c'erano degli "ecc.")

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Messaggioda stan » 07/11/2007, 0:53

interpretazione fantastica di Carmelo Bene.. un grande.
quoto anche quanto detto da fagiu su Leopardi, ha scritto cose davvero notevoli, e nella letteratura italiana è uno dei pochi riusciti in maniera sinceramente intensa ad imprimere su carta il ricordo del suo dolore, secondo me in una sintesi perfetta a livello formale e di contenuto.. il gobbo, al contrario di D'Annunzio, non l'ho mai odiato e mai lo odierò.
recentemente ho conosciuto meglio Sbarbaro, che trattando il primo Novecento a scuola viene volentieri trascurato.. forse niente di inedito (già all'epoca), forse troppo rimbaudiano, forse troppo "oscurato" dal corregionale Montale.. ma la ritengo una bella poesia, la sua

Talor, mentre cammino per le strade
della città tumultuosa solo,
mi dimentico il mio destino d'essere
uomo tra gli altri, e, come smemorato,
anzi tratto fuor di me stesso, guardo
la gente con aperti estranei occhi.

M'occupa allora un puerile, un vago
senso di sofferenza ed ansietà
come per mano che mi opprima il cuore.
Fronti calve di vecchi, inconsapevoli
occhi di bimbi, facce consuete
di nati a faticare e a riprodursi,
facce volpine stupide beate,
facce ambigue di preti, pitturate
facce di meretrici, entro il cervello
mi s'imprimono dolorosamente.
E conosco l'inganno pel qual vivono,
il dolore che mise quella piega
sul loro labbro, le speranze sempre
deluse,
e l'inutilità della loro vita
amara e il lor destino ultimo, il buio.

Ché ciascuno di loro porta seco
la condanna d'esistere: ma vanno
dimentichi di ciò e di tutto, ognuno
occupato dall'attimo che passa,
distratto dal suo vizio prediletto.

Provo un disagio simile a chi veda
inseguire farfalle lungo l'orlo
d'un precipizio, od una compagnia
di strani condannati sorridenti.
E se poco ciò dura, io veramente
in quell'attimo dentro m'impauro
a vedere che gli uomini son tanti.
Ultima modifica di stan il 07/11/2007, 0:58, modificato 1 volta in totale.
"Avvertivo gli occhi prendere contatto con le parole stampate sulle pagine, senza che tuttavia da esse si levasse più nessun significato. Quei segni neri apparivano del tutto fuorvianti, un'arbitraria congerie di linee e curve che non trasmetteva null'altro se non il proprio mutismo."

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Messaggioda montystefy » 03/01/2008, 13:54


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Re: Libri e altra cartaccia

Messaggioda montystefy » 31/01/2008, 23:36

Continuo a postare su questo topic iper-derelitto ahimè..non me ne vogliate..
C'è qualcuno nel forum che legge Connelly??
Io consiglio il suo libro ''il Poeta''..STRABILIANTE!

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Re: Libri e altra cartaccia

Messaggioda fagiu » 01/02/2008, 17:15



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