
La serie che ti aspetteresti a inizio anno, ma a fattore campo e seeding invertito: i New Orleans Hornets sono stati la squadra per più tempo in vetta alla Western Conference e hanno meritatamente concluso al secondo posto una stagione già adesso indimenticabile. I Dallas Mavericks, dall’altra parte della barricata in questa sfida, hanno avuto un rendimento simile a quello dei Phoenix Suns sia per record sia per trade da “dentro o fuori”, soprattutto per il coaching staff.
A New Orleans città la situazione sembra essere ancora in alto mare dopo i disastri provocati da Katrina, ma almeno adesso la città ha un motivo (sportivo) per sorridere: la truppa guidata da coach Byron Scott ha sorpreso tutti, ha mostrato una precisa idea di gioco a bassi ritmi e ha messo in vetrina il miglior playmaker della regular season, quel Chris Paul che ha dominato dall’ “alto” dei suoi 183 cm come solo Allen Iverson sembrava poter essere capace di fare. Ma ricondurre il record degli Hornets al solo CP3 è sbagliato: David West ha dimostrato a tutta la Lega di essere un giocatore di livello importante, Tyson Chandler è un giocatore funzionale al gioco di Scott come meglio non si potrebbe desiderare su entrambi i lati del campo, Peja Stojakovic è tornato ad essere il mortifero tiratore da tre che era a Sacramento, e statisticamente ha anche raggiunto la miglior percentuale da tre della carriera (44%!). Inoltre, giocatori che da altre parti farebbero o hanno fatto fatica ad emergere sono tutti pedine importanti nella franchigia col secondo miglior record della Western: penso a Jannero Pargo, all’ex Raptors Morris Peterson, a Bonzi Wells, al rookie Julian Wright, a Mike James, a Rasual Butler… tutta gente che non ha un nome degno di una squadra di altissimo livello, ma che in un sistema come questo, gestito da un giocatore meraviglioso come CP3, riesce a rendere anche più di quello che dovrebbe. E la squadra viaggia sulle ali dell’entusiasmo, il che potrebbe rendere difficilissimo il compito per la franchigia del Texas che non ha una cura per il candidato MVP con il numero 3.
I Dallas Mavericks, dopo l’immensa delusione della serie contro i Golden State Warriors degli scorsi playoff, hanno deciso di voltare pagina in cabina di regia e hanno messo al posto di comando il miglior playmaker sul mercato, quel Jason Kidd che già dieci anni orsono aveva vestito la casacca della franchigia texana. Il sacrificio non è stato per nulla indolore, poiché la pedina di scambio, Devin Harris, era il miglior difensore tra gli esterni e in una serie contro gli Hornets (e non solo, anche contro i vari Nash, Deron e Parker…) avrebbe fatto particolarmente comodo per contenere l’uno-contro-uno di Paul e bloccare la primaria fonte di gioco di una squadra senza particolari altri buoni passatori. Comunque sia, l’arrivo di Kidd permette ai Mavs di essere particolarmente efficaci in contropiede e in transizione, per azionare i propri tiratori dall’arco (Nowitzki e Terry su tutti) e i propri atleti nelle vicinanze del ferro (Howard e Dampier, uno dei più beneficiati dell’arrivo di Giasone). Il problema sta nel fatto che il contropiede è un’ottima arma per alcuni momenti dei playoff, ma a lungo andare si è necessariamente costretti a giocare a metà campo, e l’arrivo di Kidd ha tolto la palla dalle mani per l’uno contro uno di Howard, palesando i limiti di un giocatore fortissimo, ma che ha bisogno di molti palloni giocabili per essere pericoloso. I Mavs sono pronti in ogni caso a giocarsi l’asso tattico per ogni sfida di playoff, Dirk Nowitzki: non esiste un lungo che possa seguirlo con costanza fuori dall’arco e ne possa contenere con costanza l’uno contro uno, specialmente nel roster di New Orleans, ma in che condizioni è quella caviglia, visto che il tedesco ha dichiarato che, se si fosse in un altro periodo dell’anno meno caldo, non prenderebbe parte alle sfide?
Sul piano tattico, le due squadre hanno due enigmi che sembrano irrisolvibili per i rispettivi avversari, ovvero CP3 e WunderDirk: per il piccolo playmaker si preannunciano raddoppi in serie e tentativi di spingerlo verso zone del campo dove può fare meno male del solito, ovvero verso un lato o sulla linea di fondo, per poi chiuderlo e costringerlo a passare la palla; in questo modo, gli Hornets perderebbero molto del proprio arsenale offensivo. Gli Hornets, dal canto loro, dovrebbero utilizzare la tattica che ha funzionato l’anno scorso (e anche due anni fa in Finale) con Dirk: mettergli addosso tanta pressione con delle ali atletiche, potenti fisicamente e che possano contenerne anche il primo passo in penetrazione. Secondo quest’ottica, i maggiori indiziati alla marcatura sono Bonzi Wells e Julian Wright, oltre ad alcuni periodi con David West, mentre per CP3 si dovrà sacrificare Kidd oppure Terry, almeno per i periodi di single coverage.
Gli accoppiamenti saranno Paul/James – Kidd, Peterson/Pargo – Terry/Stackhouse/Jones, Stojakovic/Wright – Howard/George, West/Wells – Nowitzki/Bass (un ex della sfida), Chandler – Dampier (ma gli allenatori potrebbero spesso andare con i quintetti a 4 piccoli e un lungo atipico).
Molti vedono la sfida a favore dei Dallas Mavericks, ma personalmente vedo favoriti gli Hornets, perché sono più squadra, viaggiano sulle ali dell’entusiasmo e hanno dalla loro l’MVP romantico della Lega, che potrebbe da solo far pendere la bilancia dalla parte dei pur inesperti New Orleans Hornets. E poi la favola di questa squadra non può finire subito, adesso che comincia il bello…
Ps. Per l'intro a Houston-Utah si prega di portare pazienza, se riesco la faccio stanotte quando rientro a casa, sennò ci si può appoggiare sul topic aperto da dejanbodiroga per le prime considerazioni... Buon Sabato a tutti













