
In questi strani playoff si può trovare almeno un’eredità importante dalla regular season: in entrambe le conference, sono passate le prime 4 di ogni lotto, e 7 su 8 avevano il fattore campo a proprio favore. Gli unici a sovvertire questa tendenza sono stati gli Utah Jazz, vittoriosi in 6 partite sugli sfortunatissimi Houston Rockets dopo aver indirizzato sui binari giusti la serie già dalle prime due vittorie in terra texana. L’altra semifinalista, invece, è stata l’unica a “sweepare” l’avversaria diretta al primo turno, riposandosi e preparandosi con tranquillità ad un impegnativo secondo turno. E con un fresco MVP in più.
Per i Los Angeles Lakers questa potrebbe davvero essere la stagione della consacrazione: l’attacco gira a meraviglia, con Gasol che può concludere le azioni da non più di 30 centimetri dal ferro quasi ad ogni possesso, come il Pippo Inzaghi di questo fine campionato. E se oltre ad una presenza così importante sotto canestro puoi contare anche sull’MVP della Lega, su un giocatore ritrovato come Lamar Odom (importante il suo apporto quando guida offensivamente la “second unit” nelle fasi a cavallo tra i quarti), su cecchini dall’arco come i vari Vujacic, Fisher e Farmar, su passatori funzionali all’attacco triangolo come Walton e Radmanovic, su chili ed entusiasmo sotto canestro con Mbenga e Turiaf… beh, ditemi voi cosa manca a questa squadra per vincere il titolo con l’attacco! I problemi a questo punto si spostano nella metà campo difensiva, dove notoriamente si vincono i titoli: l’impressione è che appena abbassa la soglia di attenzione e di intensità, Los Angeles si ritrova improvvisamente nuda di fronte ai suoi mille piccoli difetti (Gasol non è un difensore eccezionale, soprattutto lontano da canestro; Kobe non può difendere alla morte su ogni possesso; Odom ha pochi chili per difendere, ad esempio, su un Duncan; la second unit non offre garanzie straordinarie). Questi difettucci si sono visti solo a sprazzi contro una “squadra” come Denver, ma potrebbero essere sfruttati da un attacco atomico come quello di Utah, che fa dell’esecuzione a metà campo e dello sfruttamento dei miss-match un credo religioso. Perciò, massima attenzione su giocatori potenzialmente devastanti come Williams e Boozer: in gara-1 sono stati condizionati dalle brutte percentuali (11-32 in combo) e da una serata storta di tutti i Jazz in attacco, ma probabilmente già da gara-2 torneranno ad attaccare il canestro con più convinzione, per portare la serie in parità a quel fortino chiamato Delta Center.
Gli Utah Jazz, dal canto loro, devono stringere un po’ le viti in difesa e, consecutivamente, alzare il livello di intensità nella propria metà campo: la marcatura di Kobe in gara-1 si è dimostrata irrisolvibile, visto che né Kirilenko né tantomeno Brewer sono riusciti nemmeno ad infastidirlo (38 alla fine per Mumba, con ben 23 viaggi in lunetta!). Posto che Kobe non è cancellabile ma al massimo limitabile, bisogna evitare i tiri facili per i vari Vujacic (2/2 da tre), Radmanovic (2/4) e Gasol (8/13 da 2), e abbassare il numero di assist e di “hockey passes” dell’attacco triangolo. Insomma, mettere dei granelli negli ingranaggi e fargli perdere fluidità, soprattutto in casa dove correndo possono mettere in partita anche il caldissimo pubblico losangelino di questi playoff.
E obiettivamente, chiudere buona parte della serie. La truppa di coach Sloan deve fare l’ultimo passo per diventare una squadra da anello: prendere consapevolezza dei propri mezzi. Hanno la possibilità di battere questi Lakers credendo più che altro in loro stessi, nei propri giochi a metà campo, nelle proprie capacità difensive, senza farsi spaventare da un 2-0 di questa sera o da una serata storta al tiro: con la giusta sicurezza, potrebbero avere più problemi gli altri nel risolvere gli enigmi mormoni. E con un Okur da 19 rimbalzi…
Sul piano tattico, questa serie si presenta come lo scontro tra due grandi attacchi e due non altrettanto grandi difese. Non sarà un Golden State – Nuggets, ma anche questi due sistemi hanno nelle mani 100 o più punti a serata, specialmente tra le mura amiche. Perciò, la spunterà chi sfrutterà al meglio le proprie risorse offensive e chi eseguirà meglio, specialmente nei 4^ quarti delle partite saranno sostanzialmente giocate su un filo molto sottile (in gara-1 sono usciti per falli sia Boozer che Kirilenko). La marcatura di Bryant può solo migliorare, visto che il fondo toccato in gara-1 è difficilmente ripetibile: lo spettacolo di vedere Kobe sfuggire ogni volta alle amorevoli cure di Kirilenko e Brewer può aver esaltato i milioni di fan del 24, ma non dev’essere andata a genio a Jerry Sloan. Perciò, aspettiamoci molta più intensità e contatti su Kobe, come dall’altra parte ci saranno per Deron Williams, spesso marcato dall’espertissimo (ed ex-compagno di squadra) Derek Fisher, e su Boozer, che ha trovato l’area troppo trafficata per sfruttare al massimo il proprio fisico possente. Su Okur si gioca una buona fetta dell’attacco mormone: portando Gasol fuori dall’area, potrebbero svilupparsi situazioni molto interessanti, sia per le capacità di tiro da fuori del turco, sia per le capacità di penetrazione (ho notato che mette palla per terra molto più spesso ultimamente) che possono mandarlo in lunetta per punti facili (7/8 in gara-1). Potrebbe essere l’ago della bilancia finale.
Gli accoppiamenti vedranno affrontarsi Fisher, Farmar o Vujacic con Williams, Kobe verrà marcato da Kirilenko, Brewer e alcune puntate di Harpring, Radmanovic e Walton per colui che non marca Kobe (o al massimo Korver), mentre sotto si daranno battaglia Boozer e Millsap con Odom e Turiaf e Okur con Gasol (e spruzzate di Mbenga per alcuni minuti di riposo).
E’ una serie molto aperta almeno a vederla adesso, con due squadre che finiranno con pochi punti di scarto molte di queste partite. E nelle partite tirate, il 24 ce l’hanno i gialloviola. 4-3 Lakers.















