wisconsin ha scritto:Ehi Stan.
Ottima analisi e concordo che Dawkins sia una mente eccezionale con un approccio eccezionale all'investigazione scientifica. Ma io ho sempre creduto che per farsi un'opinione si debba cercare di ottenere tutte le infomazioni possibili. Rispetto il tuo ateismo ma non lo condivido. Per correttezza dovresti ora leggere biografie importanti di Santi, nonche' alcune dissertazioni semi-teologiche evitando gli accademici puri (due palle!!).
Prova a leggere di madre Teresa (magari le sue lettere) o di tutti gli altri santi semplici (San Francesco per dirne uno). Poi aggiungi confutazioni di menti sopraffine quali Einstein ed altri scienziati. Metti tutto insieme possibilmente con mente aperta come Dawkins incoraggia (dubbio contro non esistenza). Poi fai la tua scelta. Ma solo allora sara' una scelta libera e non fuorviata.
Sono stato preventivamente formato (e fuorviato, in un certo senso) dall'ambiente cattolico in cui sono cresciuto, come quasi tutti del resto. Ne ho derivato il mio universo sensibile e i primi mattoni della mia etica personale: un processo leggibile tanto nei suoi aspetti positivi quanto in strutture e strascichi negativi, naturalmente. Nel corso della mia vita ho ricevuto la catechesi, ho avuto modo di avere un quadro storico del cristianesimo (dalla gnosi, l'arianesimo e altre dottrine eretiche, fino alla Riforma e Ignazio di Loyola, ad esempio), oltre che filosofico (da Anselmo d'Aosta a Tommaso d'Aquino, a Kierkegaard), fino a prendere contatto con le illustri (brrrr) penne della divulgazione paragiornalistico-filosofica italiana come Socci o Magdi Allam (non nomino i preachers americani alla Oral Roberts per pura pietà).
Ma non è questo il punto. Il mio non è un ateismo anti-cristiano, ma semplicemente logico, rivolto alla non dimostrabilità dell'esistenza (quanto dell'inesistenza, ovviamente) di un'entità soprannaturale onnisciente, onnipresente e creatrice del "progetto intelligente" della vita, che si chiami Dio, Allah, Odino, Zeus o Baal.
Il fatto stesso che tendiamo a considerare più "giusta" (o equa, non so, diciamo migliore) delle altre la religione cristiana (come mi suggeriscono le tue parole), in barba alla realtà di fatto multiconfessionale del mondo, la dice lunga, secondo me, su quanto la nostra fede (nostra in quanto esseri umani) cresca e si sviluppi in una prospettiva consolatoria, di paura, di timore per l'ignoto. Cioè dell'assolutamente umano e comprensibile disorientamento per ciò che ci aspetta dopo che avremo chiuso gli occhi per l'ultima volta: è ovvio, quasi istintivo, convincersi che l'esistenza terrena non possa che essere il prologo di un'altra migliore.
Farsi prendere dal turbamento, dalla paura, mi fa pensare che oggi credere non sia altro che accettare la scommessa di Pascal (ovvero: conviene credere in dio perché se esiste, si ottiene la salvezza; se ci sbagliamo, al limite avremo vissuto comunque un'esistenza lieta rispetto alla consapevolezza che, alla fine, polvere ritorneremo).
Tutti abbiamo bisogno di una qualche fede. Io rispetto senz'altro le scelte di ognuno, purché siano intime, profonde, personali (qualsiasi "colore" o estrazione abbiano), come anche le tue presumo. Ripudio profondamente la religione (non la fede, quindi) secolare e organizzata in generale; quella cristiano/cattolica poi, in particolare, per chiare ragioni sociali/politiche/economiche.
Fondamentalmente la mia fede è quella nelle grandi e piccole cose che la vita regala: la bellezza di un paesaggio o di un giardino ("senza dover credere che ci siano le fate in un angolo" ), delle terzine di Dante, del piano di Bill Evans, del pick 'n' roll tra Stockton e Malone, dei no-look di White Chocolate o del jumper di Ray Allen. Emozionandomi al pensiero che le loro mani siano guidate da una sapienza, la loro, sublime per la sua stessa umanità, piuttosto che da un comodo (e credo improbabile) aiuto della provvidenza.