Denver e Utah: ovvero come le cose possono cambiare in pochissimo tempo nelle ultime giornate di NBA. La corsa ai Playoff di quest'anno ad Ovest è stata scontata (le otto erano decise già da mesi), ma molto combattuta alla ricerca del seed migliore, e gli Utah Jazz pensavano già di aver raggiunto il secondo posto che gli avrebbe consentito di evitare i Lakers, almeno fino alle finali di Conference. Ma la sconfitta contro Phoenix di mercoledì li ha fatti precipitare addirittura al quinto posto, lasciandoli senza il vantaggio del fattore campo (da sempre determinante per loro) e con un avversario che quelle finali di Conference le ha fatte meno di un anno fa. Ma se Utah non ride non lo fa nemmeno Denver, che è stata a sua volta sconfitta dai Suns giusto la sera prima dei Jazz, perdendo anch'essa la possibilità di un piazzamento migliore in questo complicatissimo Ovest.

Per i Denver Nuggets questa è stata una stagione piuttosto travagliata: oltre alla già di per sè difficile corsa all'Ovest, si sono aggiunti una maggiore pressione da parte di tutti dopo la bellissima cavalcata degli scorsi Playoff e, più di tutto il resto, le preoccupanti situazioni fisiche di coach George Karl, che da alcuni mesi sta combattendo la sua seconda battaglia contro il cancro, questa volta alla gola, dopo quello affrontato e vinto nel 2005 alla prostata. La presenza in panchina dell'allenatore di Denver è da ritenersi impossibile almeno per il primo turno e questo può significare sia un boost di motivazioni per i suoi giocatori, determinati a dare il massimo per fare in modo che il coach ritorni per il turno successivo, sia un problema, visto che Adrian Dantley, l'assistente che ne ha preso il posto, non ha certamente la stessa esperienza rispetto a Karl e saper gestire la squadra e soprattutto i timeout conta moltissimo nella post-season (se poi hai davanti una volpe come Sloan tutto si complica).
Si può comunque dire che i Nuggets hanno continuato a cavalcare l'onda lunga dei Playoff dell'anno scorso: Carmelo Anthony si è confermato come uno dei più mortiferi realizzatori dell'intera NBA, soprattutto nei finali di partita, dove riesce sempre ad essere decisivo; Chauncey Billups, a trentaquattro anni, ha addirittura concluso la sua miglior regular season per quanto riguarda i punti segnati (!); Nenè si è affermato come uno dei centri più solidi e fisici della lega (oltre ad essere, probabilmente, uno dei più sottovalutati) e Arron Afflalo si è fatto una nomea come specialista difensivo, in eventuale attesa di una serie contro Kobe Bryant. Il quintetto è completato dall'ala Kenyon Martin, che però sta avendo alcuni problemi al ginocchio sinistro e probabilmente non sarà al 100%, mentre dalla panchina escono Chris Andersen (anche lui con qualche problema fisico che lo ha tormentato durante l'anno), il playmaker di riserva Ty Lawson (buonissima la sua stagione da rookie nonostante i pochi centimetri), il veterano Anthony Carter e Johan Petro per dare il cambio ai lunghi.
Un discorso a parte lo merita J.R.Smith, con ogni probabilità il giocatore più indecifrabile dell'intera NBA: da lui ci si può aspettare di tutto, che segni dieci triple e vinca una partita da solo oppure che spari un 2/15 con 5 punti segnati, ma di sicuro non è uno che si accontenta della mediocrità. Se cercate un po' di divertimento tenete gli occhi addosso a questo braccio armato della follia.

Gli Utah Jazz erano, sono e saranno (almeno con Sloan in panchina) sempre i soliti, irriducibili Utah Jazz: in un basket che va sempre più verso l'uso schizofrenico di pick'n'roll e isolamenti, la squadra di Salt Lake City rimane un'isola felice per chi si commuove ancora vedendo la pallacanestro fatta di tagli, blocchi portati in maniera splendida e voglia di passarsi il pallone alla ricerca del tiro migliore. Una ricetta che conoscono tutti fin nei minimi dettagli, ma che continua a creare problemi vista l'ennesima stagione da 50+ W di Deron Williams e compagnia.
Proprio nel playmaker da Illinois questo attacco trova la sua massima espressione (almeno per la parte umana, per gli alieni citofonate Stockton, John): anche quest'anno si è confermato come una delle migliori PG della NBA, l'unico insieme a Nash e Paul capace di tenere una media superiore ai 10 assisti di media; oltretutto è stato chiamato per la prima volta per partecipare all'All Star Game (alla buon ora!) e a 26 anni sembra essere arrivato al punto giusto del processo di maturazione per prendere in mano definitivamente la squadra e portarla verso il titolo (Lakers permettendo). Ciò che lo preoccupa però è: ma la dirigenza vuole provarci o no? Perché l'aver lasciato andar via giocatori di ottimo rendimento come Eric Maynor e Ronnie Brewer ha fatto in modo che la delusione di Deron sia cresciuta tanto da non essere più contenuta, sfociando in palesi dichiarazioni di scontento. Ma il suo contratto è di soli tre anni e, a quanto si capisce, è stato firmato proprio per l'eventualità in cui i Jazz avessero deciso di non spendere più, quindi non si può esattamente dire che non se lo aspettasse...
Le altre stelle della squadra sono Carlos Boozer e Andrei Kirilenko, ma ma questo fronte arrivano bruttissime notizie: entrambi stanno attraversando degli infortuni muscolari e sono listati come 'day-to-day decision', il che potrebbe rendere difficile la serie per i Jazz. Per Boozer poi è determinante fare degli ottimi playoff in modo da strappare un ancor più sostanzioso contratto per l'estate, visto che quasi certamente lascerà Salt Lake City per lidi più soleggiati e redditizi. Kirilenko invece sembra quasi peggiorare di anno in anno e sicuramente non è più lo strepitoso difensore di una volta: l'avergli dato un contratto così remunerativo a quei tempi, probabilmente, è la causa della crisi (di appagamento? Effetto Turkoglu?) di questo giocatore.
A completare il quintetto ci pensano il sempre affidabile Okur ed una dei migliori colpi di mercato dell'anno, l'undrafted Wesley Matthews, guardia capace di dare intensità e difesa, ovvero la base per giocare con Sloan. Dalla panchina escono l'ottimo Paul Millsap, erede designato per i pick'n'roll con Deron dell'anno prossimo, il tiratore Kyle 'Ashton Kutcher' Korver (necessario negli schemi della squadra per poter allargare il campo) e l'ala C.J. Miles.
Partendo dal presupposto che tutti gli effettivi siano messi in campo, la serie risulta interessante specialmente nel ruolo di PG e con il franchise player in ala piccola, un po' come Cavs-Bulls: Deron contro Billups è un matchup tecnicamente bellissimo tra due splendidi interpreti di questo gioco, con Deron che ha dalla sua parte la freschezza atletica dei 26 anni contro i 34 di Billups: aspettatevi comunque scintille da quei due, anche se è probabile che Afflalo venga mandato sulle piste dell'8. Carmelo Anthony invece è un rebus per Sloan, che se avesse almeno il miglior Kirilenko, o anche un Brewer qualsiasi, avrebbe qualche carta da giocare contro 'Melo. Ma si dovrà accontentare di quello che ha ed in definitiva, oltre al russo, gli rimangono Matthews e C.J. Miles, sperando che non commettano troppi falli lasciandogli punti facili dalla lunetta.
Sotto canestro si trova il regno di Boozer, che in attacco è certamente una delle migliori PF dell'NBA e può mettere in seria difficoltà sia Martin che Nenè in situazioni dinamiche (leggi: quando Williams lo trova dopo un pick'n'roll), mentre in situazioni di isolamento è meno produttivo; inoltre Okur avrà come sempre un ruolo decisivo nel creare spazi per tutti, mettendosi fuori dalla riga dei tre punti e portando quindi fuori dall'area uno dei due lunghi avversari. Dalla panchina occhio come già detto a JR Smith ed anche al mio pupillo Lawson, che può accendere la partita in qualsiasi momento, specialmente a Denver, mentre per i Jazz ci si aspettano punti importanti da Millsap mentre Boozer riposa e triple, triple e ancora triple da Korver.
Billups (Lawson + Afflalo) → Williams (Price?)
Afflalo (JR Smith - Carter) → Matthews (Korver)
Anthony (JR) → Kirilenko (Miles + Matthews)
Martin (Petro) → Boozer (Millsap)
Nenè (Andersen) → Okur (Koufos?)
Come tutte le sfide tra n.4 e n.5 che si affrontano (specialmente se hanno lo stesso record!), anche questa non sfugge all'equilibrio: la differenza potrebbe essere fatta dalle condizioni di Martin, Boozer e Kirilenko, ma comunque se siete alla ricerca di basket educato (anche a livello tecnico/tattico), agonismo e finali punto a punto questa è la serie che fa per voi, probabilmente per sette, intensissime partite.