Meneghin, come sta utilizzando i pieni poteri ricevuti?
“Il lavoro è interessante, mi ha mostrato il lato nascosto e più complicato di cose che pensavo di conoscere già. Non volevo essere messo lì come un quadro. L’obbiettivo è individuare dei punti chiave e trovare una soluzione dei problemi condivisa dalle varie componenti del basket, per spianare la strada al presidente che verrà e farlo partire di slancio”.
Il nuovo presidente potrebbe essere Meneghin?
“Se la Federazione fosse a Milano potrei pensarci... La Fip è una azienda che fattura svariati milioni di euro l’anno, non può più essere retta da un presidente part time, che non sta a Roma. Il compito della Federazione è far lavorare tutto il movimento. Ci vorrebbe un manager però il ruolo di presidente comporta grandi responsabilità senza uno stipendio”.
Essere Meneghin la sta aiutando a far dialogare le parti?
“C’è stato entusiasmo alla mia nomina, anche le persone per strada mi fermano pensando che sia arrivato il salvatore della patria. E’ gratificante ma c’è anche diffidenza: gli addetti si chiedono come sia possibile cambiare davvero la situazione in pochi mesi. E che potrei anche impazzire e pretendere che in serie A giochino solo bulgari con la barba. In molti c’è la curiosità di sapere cosa penso: in generale noto la voglia di tutti di collaborare. Per ottenere qualcosa è però necessario che ognuno faccia un piccolo passo indietro”.
Cosa pensa degli italiani ormai in minoranza in serie A?
“Capisco che i club siano delle S.p.A. col compito di offrire il miglior spettacolo col minor costo. Se non ci sono italiani è perché costano troppo, e allora devono ridurre le pretese, o non sono competitivi tecnicamente, e allora devono lavorare di più per migliorare. Quanto alle quote di italiani, vorrei regole più semplici, comprensibili. Credo che sia necessario snellire tutte le procedure federali”.
Qual è la sua proposta?
“Mi concentrerei più su quello che c’è dietro la serie A, sui giovani, da come e chi sono allenati, a quali competizioni partecipano, agli spazi che trovano per crescere. Mi piace l’idea di serie inferiori con un limite di età, anche se dovrebbero essere finanziate da club di A che non navigano nell’oro. Per questo, bisogna risparmiare dove è possibile, magari trasformando i cestisti, soprattutto gli stranieri, da lavoratori dipendenti ad autonomi per liberare risorse che oggi si perdono”.
Troppi giocatori importanti hanno disertato la Nazionale.
“Sono per il dialogo, ma in caso di recidiva, sarei per la squalifica di chi rifiuta la convocazione. Sarebbe fondamentale che accadesse come una volta, dove i club erano i primi a convincere i propri atleti a giocare per l’Italia perché una Nazionale forte conviene a tutti. Io punirei con penalizzazioni in classifica quelle società che, invece, ostacolano gli azzurri. E, in ogni caso, farei i nomi e direi i motivi dei rifiuti. Recalcati, in questo, è come Andreotti, non fa trapelare niente”.
Che ne pensate?
Bè i buoni propositi ci sono, peccato sia solo un traghettatore.