Dejan Bodiroga, il ritiro di un Campione
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Vi segnalo la lettera uscita sul quotidiano "Il Romanista" che il ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha scritto a Dejan Bodiroga:
Caro Dejan,
ho seguito in questi giorni l’emozione suscitata dal suo addio al basket giocato. Ma mi ha colpito ancora di più il fatto che tanti ragazzi suoi tifosi abbiano riconosciuto in lei un modello di lealtà sportiva, di coraggio e di passione, valori ai quali hanno voluto rispondere con quei dieci minuti di ovazione al Palazzo dello sport di Roma che hanno emozionato tanti.
Sono tempi nei quali abbondano i dispensatori di buoni consigli ma scarseggiano, purtroppo, i portatori di buoni esempi. A conclusione di un anno difficile per la scuola credo di poter dire che, invece, è di questi testimoni che i ragazzi hanno bisogno e che, dove arriva un testimone, non riuscirà mai ad arrivare né una, né dieci, né cento campagne antibullismo o antiviolenza.
La sua carriera parla da sola: dovunque sia andato, da Milano a Madrid, da Barcellona ad Atene e infine a Roma, lei ha lasciato il segno della sportività, del rispetto dell’avversario che non è mai un nemico e, soprattutto, pur potendo brillare da solo come stella di prima grandezza, ha continuato a giocare con e per la squadra.
E’ tutto questo che oggi la consacra tra i grandi giocatori, tra quelli che non saranno mai “ex”.
Ed è per tutto questo che le chiedo, qualsiasi sarà il suo futuro, di non lasciare soli i ragazzi: resti a testimoniare questi valori, anche nelle nostre scuole. Magari già a settembre per aprire il nuovo anno scolastico. Ci pensi.
Lei ha ancora tanto da insegnare, Dejan, e, mi creda, è il mestiere più difficile.
Giuseppe Fioroni
Ministro della Pubblica Istruzione
Caro Dejan,
ho seguito in questi giorni l’emozione suscitata dal suo addio al basket giocato. Ma mi ha colpito ancora di più il fatto che tanti ragazzi suoi tifosi abbiano riconosciuto in lei un modello di lealtà sportiva, di coraggio e di passione, valori ai quali hanno voluto rispondere con quei dieci minuti di ovazione al Palazzo dello sport di Roma che hanno emozionato tanti.
Sono tempi nei quali abbondano i dispensatori di buoni consigli ma scarseggiano, purtroppo, i portatori di buoni esempi. A conclusione di un anno difficile per la scuola credo di poter dire che, invece, è di questi testimoni che i ragazzi hanno bisogno e che, dove arriva un testimone, non riuscirà mai ad arrivare né una, né dieci, né cento campagne antibullismo o antiviolenza.
La sua carriera parla da sola: dovunque sia andato, da Milano a Madrid, da Barcellona ad Atene e infine a Roma, lei ha lasciato il segno della sportività, del rispetto dell’avversario che non è mai un nemico e, soprattutto, pur potendo brillare da solo come stella di prima grandezza, ha continuato a giocare con e per la squadra.
E’ tutto questo che oggi la consacra tra i grandi giocatori, tra quelli che non saranno mai “ex”.
Ed è per tutto questo che le chiedo, qualsiasi sarà il suo futuro, di non lasciare soli i ragazzi: resti a testimoniare questi valori, anche nelle nostre scuole. Magari già a settembre per aprire il nuovo anno scolastico. Ci pensi.
Lei ha ancora tanto da insegnare, Dejan, e, mi creda, è il mestiere più difficile.
Giuseppe Fioroni
Ministro della Pubblica Istruzione

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X italiano mafioso...dejan ha accettato:
Bodiroga Accetta Proposta Fioroni, Si' a Inaugurazione Anno Scolastico
Roma, (Adnkronos) - Dejan Bodiroga accetta la proposta del Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni e partecipera' alla inaugurazione del prossimo anno scolastico. Il campione serbo, che da pochi giorni ha annunciato l'addio all'attivita' agonistica, risponde domani su 'Il Romanista' alla lettera scritta dal Ministro e pubblicata oggi sullo stesso quotidiano. "Caro Ministro - scrive l'ormai ex numero 10 della Lottomatica Virtus Roma- la ringrazio di cuore per aver pensato a me per un momento cosi' importante come l'apertura dell'anno scolastico. Accetto con entusiasmo la Sua proposta, partecipare per me sara' un onore e lo faro' molto volentieri". Bodiroga, che nei prossimi giorni decidera' se accettare l'offerta della Lottomatica per diventare dirigente della societa' romana, ha spiegato cosi' la sua scelta: "Molti non si rendono conto di quante cose ti possa dare lo sport e per questo vorrei che i ragazzi imparassero ad avere molto rispetto per lo sport, per il talento e le capacita' che hanno, facendo sempre del proprio meglio". "Anche per questo, signor Ministro -conclude il serbo nella lettera-, le do fin d'ora la mia totale disponibilita'".
Più grande in battaglia di chi sconfigge mille volte mille nemici è colui che ne vince uno solo: se stesso. (Dhammapada, 103)


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[fonte legabasket.it]
Bodiroga: il destino di un cavaliere
Cerchi nella notte un filtro, provi a guardare i falchi pellegrini e domandi se ti porteranno in tempo la medicina: hai bisogno di qualcosa perché non vuoi davvero che Dejan Bodiroga, 34 anni compiuti il 2 marzo, arrivi a pronunciare la parola ritiro. No, se ne vadano altri, i campioni devono restare, se poi sono stati fra i più grandi del basket e dello sport europeo allora bisogna trovare l’antidoto. Illusione. Guardi negli occhi faccia d’angelo, è alto 2 metri e cinque ma non lo senti gigante per la statura, ma quei suoi sguardi, quelle sue veroniche, e sai che non tornerà indietro perché la natura non tollera inganni con chi sul campo ci va, in allenamento o in partita, soltanto per dare il massimo: talento e lealtà ai compagni, felicità al pubblico.
E’ fatto così Dejan maistore, uno che non ha mai trovato ostacoli in un difensore duro, in una lingua difficile. Facile capire perché a Roma ora vorrebbero ritirare la sua maglia numero dieci, normale che alla fine di una partita persa siano rimasti in piedi per 10 minuti ad applaudirlo. Noi vedevamo la gente dell’Eur, ma chi ama il basket, ovunque fosse, appena ha capito, si è alzato dalla sedia per accompagnare verso l’uscita il ragazzo di Zrenjanin, nato fra i Danubio e il Tibisco, che a 18 anni scappò dalla guerra e a 19 decise che sarebbe stato professionista per sempre, ascoltando Boscia Tanjevic, poeta cresciuto fra Belgrado e Sarajevo, allenatore che non ha mai insegnato soltanto fondamentali perché ha sempre privilegiato la crescita degli uomini nel gioco che amava e ama ancora alla follia. Trieste la culla, casa Stefanel la reggia, gli uomini di Bepi i maestri d’arme e di vita. Doveva sfidare americani non ancora completamente tatuati, ma gente tosta, doveva essere un giovane Artù capace di estrarre la spada dalla roccia. Lo ha fatto, accidenti se lo ha fatto, e sempre nascondendo la sua solitudine d’artista in mezzo alla folla che gli voleva bene ovunque andasse.
Era commosso lui ieri mentre salutava tutti nell’albergo di Roma dove ci ha detto che con l’agonismo ha chiuso, dove ci ha spiegato che non farà l’allenatore, anche se la sue rotazioni sul piede perno andrebbero bene pure per guidare gente così lontana dalla sua mentalità, uno che il destino del cavaliere aveva portato ramingo nel mondo. Dirigente dice. A Belgrado, la grande casa. Magari Roma o dove avranno un progetto vero e lo inviteranno ad essere con loro per davvero. Ha lasciato ringraziando Ivana Medic, la sua compagna da quasi sempre e il figlio Nikola, allenatori, dirigenti, tifosi, tutti quelli che hanno giocato con e contro di lui. Cose scontate direte voi. No, quando c’è di mezzo Bodiroga sei sicuro che ha ringraziato anche te che, magari, lo hai accarezzato soltanto una volta.
Ha vinto tutto in questo mondo che lo ha scelto per sfidare e battere anche i grandi professionisti NBA, come ad Atene 1998 e Indianapolis 2002, dove non è mai andato anche se nel 1995 era fra le scelte di Sacramento, una scelta alta. Ha preferito restare qui spiegando che questo basket europeo, soprattutto quello che aveva imparato lui, poteva essere grande lo stesso. Non era paura perché si sentiva magari un po’ lento, sappiamo come ha trattato tanti piè veloci in giro per i campi di una Olimpiade, un mondiale, nelle coppe, ma senso di Dejan per la vita, per le cose che stanno intorno ad un campione dello sport.
Leale, fantasioso, perseverante e magari un po’ ossessivo come quando ti vedeva in difficoltà con una lingua straniera e giurava che se fossi andato a lezioni di serbo da lui si sarebbero aperte le porte di tutto il mondo. Vedi Bodiroga e pensando al suo sport pensi che Dio non è transitato tanto lontano.
Parte forte nella sua vita italiana da professionista, dopo aver aspettato un anno perché nella baraonda della sporca guerra nessuno sapeva più cosa fare. Nel primo campionato segna oltre 21 punti di media, il 28 febbraio del 1993 fa il suo massimo, 51 in 33’, contro la Viola Reggio Calabria, prendendo anche 11 rimbalzi, servendo assist e recuperando palloni. Era la fotografia che serviva per far tacere quelli che, anche a Trieste, non capivano davvero perché Stefanel desse ascolto a quel “ pazzo” di Tanjevic che da sempre aveva sfidato la cultura del giocatore mercenario, puntando su gente che aveva anima, pazienza se non era nata e cresciuta negli Stati Uniti. Lui puntò su Oscar il re delle triple, lui convinse Meneghin ad entrare nell’arena anche quando sembrava che non potesse più. Con Bodiroga , come con Fucka, è stato facile. Si capivano, soffrivano alla stessa maniera. Trieste per stupirci, Milano per dare ad una città che alla fine amò soprattutto lui, dopo la diffidenza del trasferimento di una società dalla culla alla metropoli, poi in viaggio portando sempre qualcosa: al Real Madrid coppe e nuovo orgoglio, al Panathinaikos Atene tutto quello che potevano sognare, al Barcellona l’eurolega che sembrava stregata. In mezzo la sua storia immensa con la nazionale. Certo che dopo 15 anni si sente stanco. Ma per favore non vada troppo lontano, resti per insegnare agli altri cosa è lo stile, l’intelligenza, l’armonia.

Bodiroga: il destino di un cavaliere
Cerchi nella notte un filtro, provi a guardare i falchi pellegrini e domandi se ti porteranno in tempo la medicina: hai bisogno di qualcosa perché non vuoi davvero che Dejan Bodiroga, 34 anni compiuti il 2 marzo, arrivi a pronunciare la parola ritiro. No, se ne vadano altri, i campioni devono restare, se poi sono stati fra i più grandi del basket e dello sport europeo allora bisogna trovare l’antidoto. Illusione. Guardi negli occhi faccia d’angelo, è alto 2 metri e cinque ma non lo senti gigante per la statura, ma quei suoi sguardi, quelle sue veroniche, e sai che non tornerà indietro perché la natura non tollera inganni con chi sul campo ci va, in allenamento o in partita, soltanto per dare il massimo: talento e lealtà ai compagni, felicità al pubblico.
E’ fatto così Dejan maistore, uno che non ha mai trovato ostacoli in un difensore duro, in una lingua difficile. Facile capire perché a Roma ora vorrebbero ritirare la sua maglia numero dieci, normale che alla fine di una partita persa siano rimasti in piedi per 10 minuti ad applaudirlo. Noi vedevamo la gente dell’Eur, ma chi ama il basket, ovunque fosse, appena ha capito, si è alzato dalla sedia per accompagnare verso l’uscita il ragazzo di Zrenjanin, nato fra i Danubio e il Tibisco, che a 18 anni scappò dalla guerra e a 19 decise che sarebbe stato professionista per sempre, ascoltando Boscia Tanjevic, poeta cresciuto fra Belgrado e Sarajevo, allenatore che non ha mai insegnato soltanto fondamentali perché ha sempre privilegiato la crescita degli uomini nel gioco che amava e ama ancora alla follia. Trieste la culla, casa Stefanel la reggia, gli uomini di Bepi i maestri d’arme e di vita. Doveva sfidare americani non ancora completamente tatuati, ma gente tosta, doveva essere un giovane Artù capace di estrarre la spada dalla roccia. Lo ha fatto, accidenti se lo ha fatto, e sempre nascondendo la sua solitudine d’artista in mezzo alla folla che gli voleva bene ovunque andasse.
Era commosso lui ieri mentre salutava tutti nell’albergo di Roma dove ci ha detto che con l’agonismo ha chiuso, dove ci ha spiegato che non farà l’allenatore, anche se la sue rotazioni sul piede perno andrebbero bene pure per guidare gente così lontana dalla sua mentalità, uno che il destino del cavaliere aveva portato ramingo nel mondo. Dirigente dice. A Belgrado, la grande casa. Magari Roma o dove avranno un progetto vero e lo inviteranno ad essere con loro per davvero. Ha lasciato ringraziando Ivana Medic, la sua compagna da quasi sempre e il figlio Nikola, allenatori, dirigenti, tifosi, tutti quelli che hanno giocato con e contro di lui. Cose scontate direte voi. No, quando c’è di mezzo Bodiroga sei sicuro che ha ringraziato anche te che, magari, lo hai accarezzato soltanto una volta.
Ha vinto tutto in questo mondo che lo ha scelto per sfidare e battere anche i grandi professionisti NBA, come ad Atene 1998 e Indianapolis 2002, dove non è mai andato anche se nel 1995 era fra le scelte di Sacramento, una scelta alta. Ha preferito restare qui spiegando che questo basket europeo, soprattutto quello che aveva imparato lui, poteva essere grande lo stesso. Non era paura perché si sentiva magari un po’ lento, sappiamo come ha trattato tanti piè veloci in giro per i campi di una Olimpiade, un mondiale, nelle coppe, ma senso di Dejan per la vita, per le cose che stanno intorno ad un campione dello sport.
Leale, fantasioso, perseverante e magari un po’ ossessivo come quando ti vedeva in difficoltà con una lingua straniera e giurava che se fossi andato a lezioni di serbo da lui si sarebbero aperte le porte di tutto il mondo. Vedi Bodiroga e pensando al suo sport pensi che Dio non è transitato tanto lontano.
Parte forte nella sua vita italiana da professionista, dopo aver aspettato un anno perché nella baraonda della sporca guerra nessuno sapeva più cosa fare. Nel primo campionato segna oltre 21 punti di media, il 28 febbraio del 1993 fa il suo massimo, 51 in 33’, contro la Viola Reggio Calabria, prendendo anche 11 rimbalzi, servendo assist e recuperando palloni. Era la fotografia che serviva per far tacere quelli che, anche a Trieste, non capivano davvero perché Stefanel desse ascolto a quel “ pazzo” di Tanjevic che da sempre aveva sfidato la cultura del giocatore mercenario, puntando su gente che aveva anima, pazienza se non era nata e cresciuta negli Stati Uniti. Lui puntò su Oscar il re delle triple, lui convinse Meneghin ad entrare nell’arena anche quando sembrava che non potesse più. Con Bodiroga , come con Fucka, è stato facile. Si capivano, soffrivano alla stessa maniera. Trieste per stupirci, Milano per dare ad una città che alla fine amò soprattutto lui, dopo la diffidenza del trasferimento di una società dalla culla alla metropoli, poi in viaggio portando sempre qualcosa: al Real Madrid coppe e nuovo orgoglio, al Panathinaikos Atene tutto quello che potevano sognare, al Barcellona l’eurolega che sembrava stregata. In mezzo la sua storia immensa con la nazionale. Certo che dopo 15 anni si sente stanco. Ma per favore non vada troppo lontano, resti per insegnare agli altri cosa è lo stile, l’intelligenza, l’armonia.

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Video strepitoso... Non ho mai tifato x nessuna delle squadre in cui Dejan ha giocato qui in Italia.. Non simpatizzo x Trieste, nè tifo x Milano e neppure x Roma.. Ma come si può restare indifferenti ad un talento del genere???
Grazie Dejan.. Grazie di tutto!!!
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Bodiroga nuovo responsabile area tecnica
ROMA - Dejan Bodiroga e' il nuovo responsabile dell'area sportiva della Virtus Roma. Lo ha comunicato oggi la stessa societa' romana, annunciando che martedi' 26 giugno si terra' la conferenza stampa di presentazione. Bodiroga, che la scorsa settimana aveva annunciato l'addio ai parquet, e la Virtus Roma hanno sottoscritto un accordo per le prossime tre stagioni. (Agr)
ROMA - Dejan Bodiroga e' il nuovo responsabile dell'area sportiva della Virtus Roma. Lo ha comunicato oggi la stessa societa' romana, annunciando che martedi' 26 giugno si terra' la conferenza stampa di presentazione. Bodiroga, che la scorsa settimana aveva annunciato l'addio ai parquet, e la Virtus Roma hanno sottoscritto un accordo per le prossime tre stagioni. (Agr)
Se un uomo ha tutte le risposte è solo perchè ha smesso di farsi domande.
- elmatador15
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- Iscritto il: 27/03/2007, 12:00
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dejan uno di noi...nn ti dimenticheremo mai.mi sono venuti i brividi mentre leggevo l articolo.probilmente l addio di bodiroga mi ha fatto capire quanto è bello questo sport.grazie campione
... Il Mio Unico Limite é Il Cielo e Nessuno Può Impedirmi di Superarlo , Nessuno ... IMPOSSIBLE IS NOTHING
::::: ANDREA ORGOGLIO ITALIANO :::::
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- sensomc
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è stato un grande,purtroppo io lo conosciuto negli ultimi anni xke è da poco ke seguo x bene il basket..ma ho visto molti suoi video e ho viasto le tante cose ke ha vinto,è stato un grande,il migliore in europa,difficile ke qualcuno altro riesca a vincere quello ke ha vinto lui e grazie a lui in europa....un grande...nn ci sn parole,mi dispiace moltissimo x il suo ritiro,peccato ke kn roma nn abbia finito con lo scudetto,lo meritava.
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