Da quando Nowitzki e Duncan giocano in Texas, queste due squadre si sono affrontate cinque volte ai playoff: se anche voi avete pensato «Ma basta non se ne può più!» siete sulla mia stessa lunghezza d'onda. L'ultimo scontro tra le due franchigie c'è stato giusto l'anno scorso ed è stato un netto 4-1 per i Mavericks, ma gli Spurs l'affrontarono senza Manu Ginobili e con Parker e Duncan a segnare per tutti. Oggi entrambe le squadre possono contare su tutti i loro effettivi, alcuni anche nuovi grazie a degli scambi, e dovrebbe esserci più spettacolo rispetto alla serie chiusa dell'anno scorso.

Dopo una prima parte di regular season buona ma non esaltante, il cambio di marcia per i Mavs è arrivato grazie al mercato: durante la pausa per l'All Star Game l'ottimo 'President of Basketball Operation', Donnie Nelson, è finalmente riuscito a sbolognare Josh Howard e Drew Gooden a qualcuno (leggi: i sempre pessimi Washington Wizards) e ne ha guadagnato due bei giocatori come Caron Butler e Brendan Haywood, oltre a DeShawn Stevenson. Da questa trade i Mavericks hanno avuto la spinta giusta per arrivare alla post-season con la n.2, grazie anche a cinque vittorie consecutive per concludere la stagione, e sembrano essere una credibile contender almeno per arrivare in finale di Conference.
Una caratteristica di questi Mavs è quella di aver vinto molte partite negli ultimissimi secondi e questo è stato grazie ad un signore ben preciso: Dirk Nowitzki. Il tanto vituperato tedesco più invecchia e più sembra giocare bene, concludendo l'ennesima stagione a 25 ppg conditi da 7.7 rimbalzi, con il 48% da due ed il 42% da tre (career high). Come sempre anche in questi playoff Wunderdirk sarà un matchup da incubo ed ancor di più se gli aggiungi tanti giocatori pericolosi attorno che lui può trovare con assist ed i cosiddetti 'hockey pass', i passaggi prima dell'assist.
Oltre a Nowizki, la profondità è la parola d'ordine del roster dei Mavs: di tutte le squadre dei playoff sono forse gli unici a potersi permettere una rotazione a dodici giocatori, basti pensare che dietro a Kidd ci sono playmaker del livello di J.J. Barea ed il rookie Rodrigue Beaubois (segnalato anche a 40 punti con nove triple durante la stagione).
Carlisle è molto bravo nel far ruotare bene i suoi potendo contare su questo ben di Dio, ma da grandi possibilità derivano anche grandi responsabilità: andare fuori subito dopo aver costruito questa squadra vorrebbe dire andare incontro alle ire funeste di Mark Cuban, che dopo aver perso in modo sciagurato il titolo del 2006 vorrebbe vincere qualcosa. E questa Dallas, trovandosi nella metà del tabellone senza Lakers, potrebbe fare molta strada in questi playoff.

Dopo l'uscita dai playoff dello scorso anno, a San Antonio si è deciso di fare l'ultimo tentativo, the last dance, con questo gruppo di giocatori tentando di aggiungere delle pedine in grado di sollevare un po' di responsabilità dalle spalle di Duncan, Parker e Ginobili. In questa ottica va visto l'arrivo di Richard Jefferson in Texas, che doveva allargare i 'big' da tre a quattro, ma che ha enormemente deluso dimostrandosi niente più di un sufficiente starter. Lo stesso Totò McDyess, che doveva dare esperienza e profondità al roster, non ha giocato ad alti livelli.
La squadra ha faticato per larghi tratti della regular season anche a causa di infortuni gravi per giocatori chiave come Ginobili nella prima parte e Parker nella seconda, ma il grande ritorno dell'argentino (miglior giocatore dell'NBA dopo l'All Star Game?) li ha portati comunque ai playoff, seppure con il peggior record dell'era Popovich.
Ciò che manca a questa squadra è la chimica e la difesa che li avevano contraddistinti negli ultimi anni: la storica gita per il Rodeo non ha dato i risultati sperati e solamente nell'ultimo mese gli Spurs sono andati in crescendo sulle ali di Ginobili; anche in questi playoff, nonostante il ritorno di Parker, gli speroni vanno dove li porta el Narizon.
Le note positive della regular season, comunque, ci sono state: George Hill si è affermato come un buon giocatore di sistema, capace di ottime partite anche in attacco oltre alla solita eccellente difesa; Dejuan Blair, invece, è ufficialmente lo steal dell'anno, dove è stato scelto addirittura al secondo giro, ed ha aiutato enormemente nelle rotazioni tra i lunghi per far rifiatare Duncan.
Il supporting cast, comunque, nonostante le buone cose fatte dai due giovani appena descritti, non è neanche lontanamente paragonabile a quelli delle stagioni migliori degli Spurs: il defensive stopper 'alla Bowen', ad esempio, è un ruolo che Keith Bogans non sa recitare allo stesso modo, e quello che Robert Horry assicurava non è replicabile da nessuno.
Insomma, nonostante gli sforzi fatti, questi Spurs sembrano ancora una squadra incompiuta, ma per loro vale lo stesso discorso fatto per i Celtics: pensateci due volte prima di darli per morti nei playoff.
La profondità e la fisicità dei Mavs contro le rotazioni strettissime di Popovich: a livello numerico lo scontro è impari, ma dalle vecchie volpi in maglia Spurs ci si può aspettare di tutto. Tanti i matchup interessanti sparsi per il campo: come per Westbrook e Fisher, anche tra Parker e Kidd la differenza sul primo passo è soverchiante a favore del primo, quindi Carlisle dovrà utilizzare uno delle sue riserve (Barea, Beaubois o anche Terry) per arginarne l'impeto.
Bello anche lo scontro tra Ginobili e Butler, due da cui ci si aspettano molti punti per bilanciare gli attacchi delle squadre, ma non è detto che sull'argentino non possa essere speso Marion, il miglior difensore dei Mavs. Come sempre 'equamente squilibrato' lo scontro tra Nowizki e Duncan: sui due lati del campo si accoppiano malissimo l'uno con l'altro, quindi li si vedranno contro solo per i primi minuti di gara, forse neanche quelli. Sul tedesco andrà un'ala atletica come Jefferson, mentre su Duncan verrà speso Dampier o anche Haywood. Per larghi tratti i due allenatori potrebbero giocare con la formula dei 'quattro piccoli', uno schema che è diventato talmente all'ordine del giorno da non notarsi nemmeno più, con Terry e Hill per aprire il campo.
Kidd (Barea – Beaubois) → Parker (Hill)
Butler (Terry) → Ginobili (Mason)
Marion (Stevenson) → Jefferson
Nowitzki (Thomas?) → Duncan (Blair)
Dampier (Haywood) → McDyess (Bonner?)
Dopo anni in cui questa serie era all'insegna dell'equilibrio, la differenza sta nella carta d'identità dei due franchise player: Nowizki a trentadue anni sembra ancora nel pieno delle forze, Duncan, pur con la sua classe immensa, a trentaquattro sembra in fase calante da almeno un paio di anni. Mavericks e Spurs sono più o meno nelle stesse condizioni dei loro giocatori più rappresentativi, ma il basket è uno sport strano e non si può mai dare per morta una squadra quattro volte campione dell'NBA.