PLAYOFF 09: LOS ANGELES - HOUSTON
Inviato: 04/05/2009, 19:03
PLAYOFF ‘09: LOS ANGELES – HOUSTON
La serie tra Los Angeles e Houston è una bellissima sfida tra due squadre profondissime, che giocano due stili di basket differenti (una l’apoteosi dell’attacco, l’altra parte dalla fondamenta della difesa) e che hanno al loro interno tanti giocatori per fare aggiustamenti interessanti all’interno della serie. In stagione non c’è stata praticamente storia, con i Lakers che hanno vinto tutti e quattro gli scontri diretti con un margine totale di 52 punti di vantaggio. Ma i Rockets non erano decisamente questi Rockets.
I Los Angeles Lakers hanno avuto una serie tutto sommato tranquilla contro Utah, hanno perso solamente in una partita con un Kobe da 5/24 ed hanno dosato lo sforzo, lasciando praticamente Andrew Bynum ed il suo ginocchio non ancora in perfette condizioni a pensare a quale locale portare Rihanna dopo la partita. Le cinque gare contro i Jazz hanno però lasciato un punto interrogativo enorme sulla testa dei ragazzi di Coach Jackson: il “killer instinct” di questa squadra, precisamente, dove sarebbe? Perché non si può concedere per così tante volte di rientrare in partita ad un avversario palesemente inferiore sia tecnicamente che fisicamente come i Jazz di quest’anno, ed è assurdo che una squadra con Kobe in campo permetta certe cose. Su questo punto si potrebbe tornare all’antico dilemma per il quale il 24 non abbia un grandissimo ascendente sui suoi compagni, che ne rispettano assolutamente la leadership, ma che poi tendono ad ammosciarsi e a fare un po’ di testa loro: una cosa che un Garnett, ad esempio, non permetterebbe neanche ad una partita a 2K9… Coach Jackson, comunque, ha trovato in Shannon Brown e Trevor Ariza due protagonisti inattesi e due pedine importanti nello scacchiere giallo-viola, visto che le loro doti atletiche e di tiro permettono di dare una nuova dimensione sia alla fase difensiva che a quella offensiva (già ricca di suo). Gli altri membri della rotazione hanno dato il loro solito contributo, senza particolari exploit, tranne qualche lampo di talento strappalacrime di Lamar Odom, sempre incantevole quando riesce a sprigionare tutte le sue immense doti cestistiche. Per tutto il resto, come se non bastasse, ci pensa Kobe Bryant, che però ha saltato l’ultimo allenamento ed è in lista come “day-to-day decision” per una “sore throat”, che dalle mie poche capacità linguistiche risulta un banalissimo mal di gola, ma che evidentemente è in grado di far saltare un allenamento a KB24. Quasi impossibile comunque che uno come lui stia fuori per una cosa del genere, specialmente in una serie di playoff.
Gli Houston Rockets, dopo dodici lunghissimi anni, sono riusciti a superare il primo turno di playoff, e già questa notizia dovrebbe far esultare a lungo i tifosi texani. Ovviamente i Rockets sono riusciti a compiere questa impresa senza il discutibile T-Mac, che per non farsi mancare niente ha dichiarato ad una radio che i Lakers vinceranno senza dubbio il titolo, pronosticando quindi un’uscita di scena ai suoi compagni di squadra… bene, ma non benissimo, specialmente con Artest in spogliatoio. Ed è proprio grazie al career-high da 27 punti in gara-6 del giocatore nativo di New York che i Rockets sono riusciti a sconfiggere i Portland Trail-Blazers, pronosticati da molti come prossimi campioni NBA nei prossimi anni, ma che sono usciti sconfitti dallo scontro con l’esperienza e la durezza della Houston di quest’anno. La squadra è motivatissima, è carica al punto giusto, ha una difesa che attualmente nella NBA è seconda forse solo a quella di Cleveland ed ha trovato la propria identità con questo nucleo di giocatori, con la presenza carismatica di Ron Ron e la costanza dei vari Scola, Battier, Wafer, Hayes e Landry, oltre ai razzenti Lowry e Brooks in regia e il cinesone in mezzo all’area. Ecco, se proprio bisogna trovare un difetto ai Rockets, è il mancato apporto di Yao, decisivo solamente nel primo tempo di gara-1, ed in difficoltà emotiva nel resto della serie, chiusa a 15 punti e 10 rimbalzi di media: un po’ pochino per quello che dovrebbe essere il terminale principe della squadra. I ragazzi di Adelman possono sopravvivere per qualche periodo senza i punti del cinese, ma se questo dovesse continuare su queste medie, anche la super-difesa dei ragazzi di Houston non basterebbe contro l’infinità offensiva dei Lakers di quest’anno.
Ad Ovest, questa sembra essere la serie tatticamente più difficile per i Lakers, per tutta una serie di ragioni: tanto per incominciare, Battier e Artest assicurano quarantotto minuti di fuoco a Kobe Bryant, che dovrà sudare per viaggiare alle solite stellari medie realizzative; sotto canestro, i Rockets sono ben messi, con i centimetri di Yao e la mobilità di Scola, Landry e Hayes, quindi i tre lunghi (Gasol, Bynum e Odom) non avranno la vita facile che hanno avuto contro i Jazz; l’organizzazione difensiva di Houston non permetterà i molti tiri facili che si sono visti contro Utah, anche perché uno dei due mastini che non marcherà Bryant sarà pronto a chiudere i tiri di Ariza, Vujacic e Walton e sporcare le linee di passaggio della triple post offense di Jackson. In generale, la difesa dei Rockets ha le capacità per mettere i famosi granelli di sabbia negli ingranaggi perfetti dei Lakers per più di qualche possesso, ma per i Lakers c’è una bellissima notizia: i Rockets in attacco non sono neanche lontanamente pericolosi come i Jazz, specialmente se Yao non domina il pitturato, ed impostando una partita su ritmi alti Adelman potrebbe vedersi costretto a lasciare in panchina il lento cinese. Sul fronte quintetti, la novità dovrebbe essere il ritorno in campo dall’inizio di Bynum per opporre centimetri e chili a Yao, ma, specialmente nell’ultimo quarto, i Lakers torneranno alla strutturazione con Odom da 4, anche per una questione di accoppiamenti difensivi con Scola. In cabina di regia, Jackson potrebbe anche riproporre a sorpresa Jordan Farmar, nel caso in cui Brooks risultasse una minaccia tale da non permettere più l’utilizzo dei soli Fisher e Brown.
Fisher / Brown / Farmar – Brooks / Lowry
Bryant / Vujacic – Artest / Battier
Ariza / Walton – Battier / Wafer
Gasol / Odom – Scola / Landry
Bynum – Yao / Hayes
In conclusione, riporto una dichiarazione che potrebbe valere più di qualsiasi altra cosa detta qui sopra: Ron Artest, dopo gara 6, ha dichiarato che Brendon Roy è il giocatore più forte contro cui abbia mai giocato. Sotto sollecitazione dei giornalisti presenti, che gli ricordavano anche due discreti giocatori come il 23 ed il 24, Artest ha ripetuto: Brendon Roy è il giocatore più forte contro cui io abbia mai giocato. Di sicuro queste dichiarazioni sono arrivate anche alle orecchie di Kobe, che farà di tutto per far ricredere il suo diretto avversario in una serie che si preannuncia bellissima e che con i giusti accorgimenti potrebbe anche andare più lunga del previsto.
La serie tra Los Angeles e Houston è una bellissima sfida tra due squadre profondissime, che giocano due stili di basket differenti (una l’apoteosi dell’attacco, l’altra parte dalla fondamenta della difesa) e che hanno al loro interno tanti giocatori per fare aggiustamenti interessanti all’interno della serie. In stagione non c’è stata praticamente storia, con i Lakers che hanno vinto tutti e quattro gli scontri diretti con un margine totale di 52 punti di vantaggio. Ma i Rockets non erano decisamente questi Rockets.
I Los Angeles Lakers hanno avuto una serie tutto sommato tranquilla contro Utah, hanno perso solamente in una partita con un Kobe da 5/24 ed hanno dosato lo sforzo, lasciando praticamente Andrew Bynum ed il suo ginocchio non ancora in perfette condizioni a pensare a quale locale portare Rihanna dopo la partita. Le cinque gare contro i Jazz hanno però lasciato un punto interrogativo enorme sulla testa dei ragazzi di Coach Jackson: il “killer instinct” di questa squadra, precisamente, dove sarebbe? Perché non si può concedere per così tante volte di rientrare in partita ad un avversario palesemente inferiore sia tecnicamente che fisicamente come i Jazz di quest’anno, ed è assurdo che una squadra con Kobe in campo permetta certe cose. Su questo punto si potrebbe tornare all’antico dilemma per il quale il 24 non abbia un grandissimo ascendente sui suoi compagni, che ne rispettano assolutamente la leadership, ma che poi tendono ad ammosciarsi e a fare un po’ di testa loro: una cosa che un Garnett, ad esempio, non permetterebbe neanche ad una partita a 2K9… Coach Jackson, comunque, ha trovato in Shannon Brown e Trevor Ariza due protagonisti inattesi e due pedine importanti nello scacchiere giallo-viola, visto che le loro doti atletiche e di tiro permettono di dare una nuova dimensione sia alla fase difensiva che a quella offensiva (già ricca di suo). Gli altri membri della rotazione hanno dato il loro solito contributo, senza particolari exploit, tranne qualche lampo di talento strappalacrime di Lamar Odom, sempre incantevole quando riesce a sprigionare tutte le sue immense doti cestistiche. Per tutto il resto, come se non bastasse, ci pensa Kobe Bryant, che però ha saltato l’ultimo allenamento ed è in lista come “day-to-day decision” per una “sore throat”, che dalle mie poche capacità linguistiche risulta un banalissimo mal di gola, ma che evidentemente è in grado di far saltare un allenamento a KB24. Quasi impossibile comunque che uno come lui stia fuori per una cosa del genere, specialmente in una serie di playoff.
Gli Houston Rockets, dopo dodici lunghissimi anni, sono riusciti a superare il primo turno di playoff, e già questa notizia dovrebbe far esultare a lungo i tifosi texani. Ovviamente i Rockets sono riusciti a compiere questa impresa senza il discutibile T-Mac, che per non farsi mancare niente ha dichiarato ad una radio che i Lakers vinceranno senza dubbio il titolo, pronosticando quindi un’uscita di scena ai suoi compagni di squadra… bene, ma non benissimo, specialmente con Artest in spogliatoio. Ed è proprio grazie al career-high da 27 punti in gara-6 del giocatore nativo di New York che i Rockets sono riusciti a sconfiggere i Portland Trail-Blazers, pronosticati da molti come prossimi campioni NBA nei prossimi anni, ma che sono usciti sconfitti dallo scontro con l’esperienza e la durezza della Houston di quest’anno. La squadra è motivatissima, è carica al punto giusto, ha una difesa che attualmente nella NBA è seconda forse solo a quella di Cleveland ed ha trovato la propria identità con questo nucleo di giocatori, con la presenza carismatica di Ron Ron e la costanza dei vari Scola, Battier, Wafer, Hayes e Landry, oltre ai razzenti Lowry e Brooks in regia e il cinesone in mezzo all’area. Ecco, se proprio bisogna trovare un difetto ai Rockets, è il mancato apporto di Yao, decisivo solamente nel primo tempo di gara-1, ed in difficoltà emotiva nel resto della serie, chiusa a 15 punti e 10 rimbalzi di media: un po’ pochino per quello che dovrebbe essere il terminale principe della squadra. I ragazzi di Adelman possono sopravvivere per qualche periodo senza i punti del cinese, ma se questo dovesse continuare su queste medie, anche la super-difesa dei ragazzi di Houston non basterebbe contro l’infinità offensiva dei Lakers di quest’anno.
Ad Ovest, questa sembra essere la serie tatticamente più difficile per i Lakers, per tutta una serie di ragioni: tanto per incominciare, Battier e Artest assicurano quarantotto minuti di fuoco a Kobe Bryant, che dovrà sudare per viaggiare alle solite stellari medie realizzative; sotto canestro, i Rockets sono ben messi, con i centimetri di Yao e la mobilità di Scola, Landry e Hayes, quindi i tre lunghi (Gasol, Bynum e Odom) non avranno la vita facile che hanno avuto contro i Jazz; l’organizzazione difensiva di Houston non permetterà i molti tiri facili che si sono visti contro Utah, anche perché uno dei due mastini che non marcherà Bryant sarà pronto a chiudere i tiri di Ariza, Vujacic e Walton e sporcare le linee di passaggio della triple post offense di Jackson. In generale, la difesa dei Rockets ha le capacità per mettere i famosi granelli di sabbia negli ingranaggi perfetti dei Lakers per più di qualche possesso, ma per i Lakers c’è una bellissima notizia: i Rockets in attacco non sono neanche lontanamente pericolosi come i Jazz, specialmente se Yao non domina il pitturato, ed impostando una partita su ritmi alti Adelman potrebbe vedersi costretto a lasciare in panchina il lento cinese. Sul fronte quintetti, la novità dovrebbe essere il ritorno in campo dall’inizio di Bynum per opporre centimetri e chili a Yao, ma, specialmente nell’ultimo quarto, i Lakers torneranno alla strutturazione con Odom da 4, anche per una questione di accoppiamenti difensivi con Scola. In cabina di regia, Jackson potrebbe anche riproporre a sorpresa Jordan Farmar, nel caso in cui Brooks risultasse una minaccia tale da non permettere più l’utilizzo dei soli Fisher e Brown.
Fisher / Brown / Farmar – Brooks / Lowry
Bryant / Vujacic – Artest / Battier
Ariza / Walton – Battier / Wafer
Gasol / Odom – Scola / Landry
Bynum – Yao / Hayes
In conclusione, riporto una dichiarazione che potrebbe valere più di qualsiasi altra cosa detta qui sopra: Ron Artest, dopo gara 6, ha dichiarato che Brendon Roy è il giocatore più forte contro cui abbia mai giocato. Sotto sollecitazione dei giornalisti presenti, che gli ricordavano anche due discreti giocatori come il 23 ed il 24, Artest ha ripetuto: Brendon Roy è il giocatore più forte contro cui io abbia mai giocato. Di sicuro queste dichiarazioni sono arrivate anche alle orecchie di Kobe, che farà di tutto per far ricredere il suo diretto avversario in una serie che si preannuncia bellissima e che con i giusti accorgimenti potrebbe anche andare più lunga del previsto.

