PLAYOFF 08: UTAH - HOUSTON
Inviato: 21/04/2008, 12:58

Mi scuso per il ritardo con cui inizio questi due ultimi topic, ma è stato un week-end piuttosto movimentato… purtroppo! Iniziamo da Utah-Houston, due team che si trovano di nuovo nella post season dopo le sette-partite-sette della scorsa stagione che hanno visto i Jazz avanzare per la maggior esecuzione del proprio attacco e per la proverbiale incapacità di Yao e TMac nell’avanzare almeno al secondo turno dei playoff.
Per gli Houston Rockets è stata una stagione di altissimi e bassissimi, segnata nella prima parte da un rendimento altalenante per l’arrivo del nuovo coach, Rick Adelman, e proseguita peggio con l’infortunio di Yao Ming proprio nel momento in cui la squadra sembrava aver trovato la quadratura del cerchio. Ma proprio l’infortunio di Yao è stata il trampolino di lancio emotivo per il raggiungimento di un traguardo storico, le 22 vittorie in fila che hanno spaccato a metà la stagione di Houston e le hanno permesso di concludere ad un positivo quinto posto, ad una incollatura dai primi tre posti del seeding. Ma, siccome la dea Fortuna sembra essersi dimenticata di quel preciso punto del Texas, prima dei playoff si è infortunato anche una delle pedine più importanti dello scacchiere adelmaniano, ovvero quel Rafer Alston (fuori almeno fino a gara-3) che ha trovato la propria dimensione dopo anni di gioco “alla TJ Ford” ed è stato determinante nella striscia record (15 di media per lui). E quando si parla di Houston Rockets, non si può fare a meno di parlare di Tracy McGrady: la stagione è stata caratterizzata dai tanti piccoli infortuni che sembrano essere una costante nella carriera del numero 1, ma il giudizio su di lui rimane sempre quello da un paio di anni a questa parte, ovvero che è un giocatore perdente quando fa più caldo e quando i giocatori di alto livello devono prendere il proscenio e lottare per l’argenteria pregiata, su entrambi i lati del campo. I “se” su di lui si sprecano, ma con i “se” (e lo so bene, data la mia fede pistoniana…) non si vince un bel niente e soprattutto non si fa la storia: questa non sembra essere la serie giusta per zittire i critici, vista la mancanza di Yao e Alston, il fattore campo già perso dopo gara-1 e i problemi fisici che sembrano condizionarlo ancora (avete visto l’imbottitura sulla spalla del cuginetto di Vince Carter?), ma ormai gli anni passano, gli infortuni si accumulano e l’anno prossimo dovrebbe esserci anche Portland a lottare per un posto nei primi 8. L’anno scorso annunciava che se non si fosse passato il primo turno di playoff, sarebbe stata tutta colpa sua; quest’anno non sarà così, ma ha cartucce necessarie per andare a riprendersi il fattore campo nello Utah?
Gli Utah Jazz hanno costruito il proprio record grazie all’inviolabile Delta Center, dove solo 4 squadre sono riuscite a vincere (a inizio anno, proprio i Rockets tra queste, con un McGrady che fece gridare all’MVP) a fronte di 37 vittorie. Ma se si vince così tanto da una parte, dall’altra non le cose non devono andare così bene: infatti il rendimento esterno parla di un preoccupante 17-24 e in ottica playoff coach Sloan farà meglio a dare una bella strigliata ai suoi. Il gioco espresso è sempre molto godibile, fatto di giochi eseguiti alla perfezione e di intensità difensiva (soprattutto in casa) data dal tifo caldissimo, e Deron Williams sarebbe chiaramente il playmaker numero uno della Lega, se non ci fosse il folletto di New Orleans a spadroneggiare in lungo e in largo. La perdita di Derek Fisher durante l’estate, per i noti problemi della piccola figlia, ha privato i Jazz di un giocatore fondamentale nello spot di guardia sia per leadership che per esperienza nei playoff, ma le sue doti di tiro sono state rimpiazzate alla grandissima dall’arrivo di Kyle Korver da Philadelphia, tiratore eccezionale e funzionale al tipo di gioco predicato da Jerry Sloan. Il quintetto è concluso da un giocatore ritrovato, quell’Andrei Kirilenko che solo un anno fa di questi tempi piangeva in sala stampa per il suo scarso utilizzo e che ora si sente elogiare da Carlos Boozer (“è stato l’MVP di gara-1: ha giocato alla grande, ci ha dato una grossa mano e ha messo tiri importanti”); e proprio il nativo dell’Alaska ha confermato la strepitosa stagione dell’anno scorso, divenendo ormai un punto fermo quando si parla delle ali forti più determinanti della Lega e perfezionando ancor di più l’intesa sul pick’n’roll con Deron Williams. Nello spot di centro parte Mehmet Okur, che non sarà più il giocatore da All-Star Game dell’anno scorso, ma che dà atipicità e tiro da tre che possono tatticamente diventare determinanti in ottica post-season.
Le due squadre si conoscono bene, dopo la serie dell’anno scorso, ma i Rockets avranno bisogno di ottime percentuali per contrastare la fisicità di Utah, come testimoniato da gara-1. Se il tiro non entra (3-15 di Bobby Jackson…), la serie può dirsi conclusa già adesso, ma l’attacco di coach Adelman può risollevarsi da un momento all’altro con uno dei suoi tiratori di striscia (ecco dove manca “Skip to my Lue”) e riportare la serie almeno in parità. La presenza in mezzo all’area poi sarà determinante: Scola, Landry, Hayes e Mutombo non possono contenere sul lungo periodo la prepotenza fisica di Boozer e del sophomore Millsap e, contemporaneamente, tenere lontano dal ferro Williams diventa sempre più difficile, visto che il playmaker può abusare a piacimento di ogni pari ruolo houstoniano (ed ecco ancora che si sente la mancanza dell’esperienza di Alston) e innescare di conseguenza tutte le opzioni che l’attacco di Sloan gli mette a disposizione. Gli accorgimenti tattici di gara-2 diventano già fondamentali: se si riesce a mettere qualche sassolino negli ingranaggi dei Jazz e a portare a casa la partita, si può guardare con un po’ più di ottimismo alla trasferta nello Utah; viceversa, la serie va già in archivio e la stagione pure.
Gli accoppiamenti vedranno affrontarsi Williams - Alston/Jackson/Brooks, Brewer/Korver – Battier/Head , Kirilenko/Harpring – McGrady, Boozer/Millsap – Scola/Hayes, Okur – Mutombo/Landry, e se il turco inizia a ingranare con il tiro (solo 2-8 in gara-1) per Houston potrebbe essere la fine, visto che né Landry né tantomeno totem-Mutombo possono seguire un giocatore tanto atipico fino ai confini del tiro da tre punti.
Un vecchio adagio NBA recita così: “Una serie di playoff non inizia fino a quando una delle due squadre non vince in trasferta”. Qui si è già iniziato, e se Houston non si sveglia potrebbe chiudersi prima ancora di accorgersi di essere ai playoff.