topomaledettotopo ha scritto:KNICKS HAVE GALLINARI DOUBTS
i dubbi sul Gallo c'è gli ho anche io figuriamoci loro
topomaledettotopo ha scritto:KNICKS HAVE GALLINARI DOUBTS
mighty ha scritto:ormai è Bustinari...
Fausto ha scritto:Immagine
subito dopo,mal di schiena.
Fai uno piu' uno.
topomaledettotopo ha scritto:intanto lo mettono all'ottavo posto nella classifica dei migliori 50 rookie
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classifica
sito NY Knicks ha scritto:Who are you most excited to watch in Summer League?
Danilo Gallinari 64%
Wilson Chandler 19%
Nate Robinson 14%
Renaldo Balkman 2%
Mardy Collins 1%
Total Responses: 8926
game ha scritto:il gallo intanto è arrivato a bormio....ma qualcuno sa se rimarrà con la nazionale fino alla fine delle qualificazioni all'europeo?
BORMIO. «Non vedo l’ora di giocare una partita al Madison, dicono che sia una esperienza indimenticabile». Tempo qualche mese e per Danilo Gallinari, il Bimbo d’Oro del nostro basket, quest’esperienza diventerà routine, visto che al Draft NBA l’hanno scelto proprio i New York Knicks, al numero 6 assoluto, terzo italiano in tre anni ad avere l’onore di una chiamata dei pro americani, dopo Bargnani e Belinelli. Da un paio di giorni, espletate le formalità legate al visto per gli Usa, Danilo si è aggregato al gruppo azzurro in Alta Valtellina, ma la lombalgia post-traumatica rimediata alla Summer League di Las Vegas lo costringe a un lavoro differenziato, anzitutto di recupero funzionale, prima di potersi allenare con gli altri. Recalcati spera di vederlo nel gruppo a Cagliari, dove gli azzurri si ritroveranno l’8 agosto, giorno del 20esimo compleanno di Danilo.
Finora questa Nazionale è andata un po’ a scartamento ridotto: serve un Gallinari?
«Sono felice di essere qui, giocare in Nazionale fa parte della mia etica, non ci rinuncio per nulla al mondo. Spero di poter dare una mano, ma non mi sento affatto diverso dai miei compagni: tutti siamo qui a faticare con l’obiettivo di qualificarci per gli Europei. Del resto l’anno scorso siamo partiti bene, e poi le cose agli Europei sono andate male: speriamo che questa volta accada il contrario ».
Cosa le è rimasto più impresso di queste prime settimane “americane”?
«Un anticipo di quanto proverò al Madison l’ho avuto quando, pochi giorni dopo il draft, mi hanno invitato allo Shea Stadium per lanciare la prima palla del derby tra Mets e Yankees di baseball. Sono arrivato ore prima, con lo stadio vuoto, poi sono entrato nella pancia dell’impianto per interviste e altre incombenze. Quando sono di nuovo uscito sul campo, e mi sono trovato di fronte 60mila persone che urlavano il mio nome, ho capito cosa prova un calciatore».
Si è rifatto dei fischi subiti la sera del draft.
«Mi avevano detto che i tifosi di New York, delusi dalle ultime stagioni, avrebbero fischiato qualunque scelta, come hanno sempre fatto da 20 anni a questa parte, con l’eccezione di Patrick Ewing».
Facciamo un passo indietro: molti pensavano che il progetto di Milano, e la prospettiva di un’Eurolega da protagonista, l’avrebbero fatta ritardare di un anno l’ingresso nella NBA.
«La decisione è stata sofferta, e presa quasi in extremis: il progetto di Armani era stimolante, e lo stanno portando avanti nel modo giusto, con le persone giuste, hanno capito che a Milano puoi avere un solo obiettivo, cioè vincere. Ma io mi sentivo pronto per il grande passo, c’erano le condizioni giuste per essere scelto in alto. Il fascino della Grande Mela, il fatto di avere Mike D’Antoni come allenatore erano particolari importanti, ma a far pendere la bilancia è stata la voglia di fare questa nuova esperienza».
Che ruolo avrà, e quanto spazio, nei Knicks di D’Antoni? Quali obiettivi?
«L’obiettivo è diventare un giocatore importante per i Knicks, e vincere più partite possibile: il resto, le statistiche, mi interessano poco. Se giocherò da ala piccola o da ala forte conta nulla, nel basket di D’Antoni questi ruoli si equivalgono. Mike mi ha detto che spazio ce ne sarà, poi logicamente sta a me ritagliarmene sempre di più».
Per una matricola straniera l’approccio non è semplice: ha chiesto consigli a Bargnani e Belinelli?
«Beli l’ho sentito, con Andrea ho parlato a lungo, di tante cose, a Las Vegas. So che i primi mesi non saranno facili, anche per questo a Westchester, cittadina a un’ora d’auto da N.Y., dove ho preso casa, fino a Natale papà Vittorio e un amico abiteranno con me».
In bocca al lupo, “Italian Stallion”.
«Crepi il lupo, ma non vorrei che Daniel Hackett si offendesse: il primo, autentico “Italian Stallion” è lui, ce l’ha anche tatuato su un braccio».
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